Qual è lo scenario in cui si inserisce il progetto di valorizzazione della Buffer Zone di Pompei?
Il piano strategico proposto da Naplest et Pompei si inserisce nel solco della legge 112 del 2013, una legge che riconosce tre fondamentali priorità: valorizzare con interventi massici e coordinati un’area importantissima che vanta ricchezze archeologiche uniche al mondo che insiste su Pompei, Ercolano, Stabia e Oplonti; semplificare le procedure per interventi pubblici e privati di rigenerazione urbana; indicare le tipologie di partnerariato da favorire.
Il lavoro che come Naplest avevamo avviato già nel 2010 con importanti progetti di rigenerazione urbana nella zona orientale di Napoli, alla luce del rinnovato quadro normativo ci ha quindi spinto a espandere il nostro impegno anche su Pompei e la Buffer Zone.
Qual è il modello di sviluppo che verrà seguito?
Intendiamo mettere in campo un modello di cittadinanza attiva. Per molti versi il nostro lavoro può essere assimilato a quello che succede nei quartieri delle città dove i privati adottano un’aiuola. Con il piano strategico di rigenerazione urbana è come se avessimo adottato tutta l’area di Napoli Est e della Buffer Zone. Noi offriamo alla Pubblica amministrazione dei territori dei progetti senza obbligo di rendicontazione, questo significa promuovere il partenariato pubblico-privato nei fatti.
Qual è lo strumento normativo adottato per sottoscrivere le intese con l’Unità di Grande Progetto e con i Comuni dell’area?
Noi siamo legati sia all’Unità del Grande Progetto Pompei sia ai nove comuni della Buffer Zone da protocolli che legittimano ruoli e delimitano campi di azione chiari in modo da evitare conflitti di interessi. In questo quadro immaginiamo, sia dal punto di vista strategico sia dal punto di vista specifico, azioni di intervento volte a creare infrastrutture pubbliche che consentano di intercettare fondi comunitari e nazionali.
In che modo la collaborazione tra privati e amministrazioni pubbliche favorisce l’intercettazione di fondi?
La progettazione così come noi la concepiamo, ovvero come azione sistematica focalizzata sull’intera area della Buffer Zone sia come singole schede progettuali, favorisce innanzitutto investimenti privati. Il privato decide infatti di investire quando ci sono tempi e regole certe. Il partenariato pubblico-privato favorisce a sua volta anche la competitività sui bandi europei. Un elemento molto attrattivo è infatti quello della cosiddetta aggiuntività: una delle considerazione che la Ue fa è quella di capire quanto capitale pubblico si attiva e quanto capitale privato. La capacità di attirare fondi privati si configura come una importante premialità nei bandi europei.
Perché è importante il ruolo dei privati nei progetti di rigenerazione?
Il capitale privato fa i progetti di lunga durata, mentre il capitale pubblico crea infrastrutture e occupazione stabile solo in fase di cantierizzazione. Dopo sono necessarie le attività funzionali e nella Buffer Zone queste si traducono in turismo, cultura, industria 4.0, servizi innovativi, vale a dire tutto quel tipo di industrie che adesso fanno registrare una crescita a due cifre. Inserire Pompei e l’area vesuviana in questo trend è il nostro obiettivo.
Perché avete affidato il compito di disegnare il Piano Strategico al prof. Acebillo?
Per due ragioni, i suoi studi e la sua capacità di tradurli in concreto. Josep Acebillo ha fatto della sua carriera non solo una collezione di titoli ma ha sempre lavorato sul territorio, a cominciare da quella che probabilmente è la sua opera più famosa: la grande trasformazione urbanistica di Barcellona che tutto il mondo ha sotto gli occhi. Questo significa guardare non solo alla sistemazione del territorio ma anche alla sua attuazione in termini di attrazione turistica.